Il primo colloquio psicologico!
Come funziona un colloquio psicologico, ad esempio la prima seduta?
(Risposta trovata su Quora).
Ecco come funziona, scemario classico
Due persone siedono l'una di fronte all'altra, su due comode poltrone, in una stanza tranquilla.
L'una parla dei propri dolori, delle preoccupazioni, dei problemi che deve affrontare ogni giorno e che cerca di superare come meglio può.
Parla della fatica di andare avanti, della disperazione che l'attraversa senza scampo, senza via d'uscita.
Parla dello sforzo quotidiano che deve fare per riuscire ad affrontare tutti gli impegni della vita: lo studio, il lavoro, la famiglia, le relazioni intime.
L'inspiegabile malessere che accompagna ogni giornata ha dentro di sé una irriducibile difficoltà: nonostante sia piena di impegni, di persone, di risate, non sembra dare sostanza alla propria vita.
Non sa bene da dove viene quella disperazione, quando è nata. Fatto è che la sua vita di oggi non sembra andare avanti, non sembra avere un senso.
La sensazione è quella di voler essere sempre altrove, di sentire che per il proprio benessere bisognerebbe avere una vita diversa.
Eppure qualcosa allo stesso tempo lo porta a sentirsi in difetto, colmo di vergogna o di sensi di colpa che non si riesce nemmeno a dire o a raccontare.
- Le cose non cambieranno mai! Non mi sveglierò mai più di buon umore - sembra dire tra sé.
Nel dialogo interiore quella persona ha la convinzione radicale che quanto vive oggi non potrà mai cambiare.
Ciò che si può fare è sopportare o fare finta che quel dramma non esiste.
L'altra persona ascolta.
Lo psicologo, in silenzio o pronunciando solo poche parole, con grande cura cerca di porsi in ascolto, senza giudizio, per sentire ogni parola, ogni emozione, ogni pensiero.
Prova a cogliere in quel racconto un significato, un legame, un'associazione, un'immagine che possa dare senso al dolore che viene svelato e al modo attraverso cui quel dolore si è determinato.
Tenta di scomporre e poi di mettere insieme i pezzi, disegnando per quanto possibile le linee di quel dolore, della vita che ha di fronte che è come un mondo.
Pone l'attenzione a ciò che abitualmente sfugge, a ciò che sembra non essere comprensibile nell'immediato, a ciò che a prima vista può sembrare irrazionale e senza significato.
Un'immagine, una sensazione, un'intuizione, un'esitazione nelle parole, la qualità della relazione che si crea. L'atmosfera.
Nel fare questo, contemporaneamente il terapeuta registra le variazioni del proprio stato d'animo, del clima emotivo che si genera via via durante l'ascolto, per raccogliere preziose sfumature affettive di ciò che risuona intorno a quella persona e al racconto di quel dolore.
Il terapeuta cerca di ricostruire l'intera struttura emotiva e dei pensieri del paziente.
Cerca di trasportare empaticamente, immaginando, tutta l'esperienza del paziente dentro di sé, tutto il suo mondo.
Con tutti i limiti imposti da questa operazione, il terapeuta cerca di ri-vivere e di partecipare affettivamente all'esperienza di vita del paziente: il modo in cui vive il tempo, lo spazio, il proprio corpo, gli altri, le relazioni, gli oggetti, ecc.
Il paziente prosegue il racconto fino a quando non si esaurisce, fino a quando non si svuota il proprio bagaglio di dolori, finché non si intuisce o ci si accorge che qualcosa dentro ha ceduto le armi.
Ha incominciato un dialogo con l'alterità del proprio dolore.
Questo è il punto in cui tutto comincia.
Da quel momento inizierà a definirsi una relazione ed un legame particolare tra paziente e terapeuta.
Una relazione che nella sua fiducia fondamentale sarà costantemente messa alla prova e costantemente rinnovata per solidificarsi col tempo.
Una fiducia che nasce dalla sensazione da parte del paziente di non sentirsi indagato o giudicato: poiché nessuno sa qual è il modo migliore di vivere!
Una fiducia che si alimenta attraverso l'uso appropriato delle parole, nonché del tono della voce, dello sguardo dei gesti intessuti di gentilezza.
Proprio per la natura particolare di quella relazione gli incontri si svolgono con una frequenza precisa, spesso sempre uguale, per dettare il ritmo di un ascolto intimo che il paziente rivolge a se stesso per iniziare a prendersi cura di sé.
Spero di aver risposto alla domanda.
Michele (Quora).